Volevo fare la Farmacista

Una tua collega mi telefona per raccontarmi di condividere e apprezzare quanto scrivo, ma nel contempo di sentirsi piuttosto frustrata.Con la sua autorizzazione, ti racconto cosa mi ha detto perché credo che su molti aspetti potrai ritrovarti.

* Paolo tu mi fai gli esempi di Kobo e Kindle (articolo “Servizio e prodotto”) per spiegare come in realtà un prodotto a marchio dovrebbe nascere con un progetto già strutturato per affrontare la competizione, ma io non so da che parte iniziare nella costruzione di qualcosa di veramente mio da proporre con un mio brand. La cosa è complessa, allora mi chiedo se sia preferibile limitarsi a una forte specializzazione o sia meglio insistere nell’idea del personalizzato per ottenere maggiori possibilità di ritorno del cliente. Scegliere la propria strada e perseguirla col giusto metodo nascondono un sacco di incognite in momenti complicati. E pensare che io volevo solo fare la farmacista.

* Parli di servizzare e di prodottizzare, ma spesso non ho nemmeno il tempo di esaurire le incombenze burocratiche di ogni mese. In questa situazione mi riesce difficile progettare e programmare, probabilmente mi servirebbe una nuova organizzazione del lavoro e mi farebbero comodo anche dei collaboratori maggiormente proattivi.

Io volevo essere semplicemente una farmacista, ma sarebbe bello realizzare quanto leggo nell’articolo “La farmacia che non c’è”, però quanto coraggio occorre avere per intraprendere una strada così diversa dalla comune percezione odierna di una farmacia.

* Poi mi racconti, attraverso l’esempio di Coca Cola (articolo “Un nuovo lavoro”),che il contenitore ha la capacità di rafforzare e talvolta addirittura cambiare la percezione di qualità di una composizione anche se già di per sé valida, ma io come posso fare nella mia piccola farmacia quando i fornitori offrono tutti le medesime soluzioni standard. Queste cose nessuno ce le ha insegnate, la differenza tra distribuire e vendere io l’ho imparata dopo l’università, leggendo i vostri articoli. Anzi, quante cose ho imparato solo dopo essermi laureata quando ancora pensavo solo di voler fare la farmacista.

Innanzitutto mi dispiace per le delusioni nei confronti di una professione che si sperava essere differente, tuttavia purtroppo non sono io a determinare le trasformazioni, semplicemente mi limito ad osservarle e possibilmente cercare di prevenire i cambiamenti. Poi mi affianco alle farmacie proprio per trovare le soluzioni capaci di cambiare il modo di interpretare la farmacia. Cerco di personalizzare i miei consigli a seconda delle singole realtà, ma sono altresì fermamente convinto che non vi sia altra strada se non quella di pensare all’evoluzione dei tempi come una grande opportunità e non è vero che non ci siano i mezzi o le possibilità per realizzare comunque i propri sogni.

Però serve un nuovo modo di lavorare, capace di sfruttare le tecnologie senza subirle, per offrire nuovi servizi. Posso capire che ci si possa ritrovare confusi perché il mondo in farmacia è diverso da quello che forse qualcuno aveva raccontato, ma cambiare è fattibile e il messaggio che ti voglio trasmettere è che farlo potrebbe addirittura piacerti. Allora cosa stai aspettando?

E poi in ogni caso non puoi fare altrimenti. Mio nonno lavorava in farmacia con le preparazioni magistrali e il bancone vendita era vicino all’ingresso poiché non esisteva la libera vendita; poi ai tempi di mia mamma sono arrivati i prodotti commerciali, col prezzo stabilito per legge e molte referenze sotto ricetta SSN; poi sono arrivati i computer, successivamente le liberalizzazioni e con esse la concorrenza. Oggi ci sono già i robot pronti a svolgere numerose mansioni del farmacista, spesso con maggior velocità e abilità.

Probabilmente in futuro la vendita e il consiglio saranno materia destinata a tutto quello che non è farmaco da prescrizione, perché all’attività di una dispensazione corretta ci penseranno le macchine. E se un certo tipo di lavoro sostituirà la vecchia professione, probabilmente a qualcuno verrà in mente anche di rivedere gli attuali accordi di convenzione. Allora credo che la categoria dovrebbe muoversi per ottenere l’apertura verso nuove prestazioni professionali, verso nuovi servizi realmente eseguibili e non solo relegati a comunicazioni di propaganda, verso la possibilità di formulare davvero un proprio personalizzato.

Ancora, in tutto questo caos di novità, da anni il percorso di laurea è però rimasto grosso modo invariato, non ti sembra inopportuno? Ritengo che all’attuale formazione del farmacista servirebbe una ventata di rinnovamento per dare migliori risposte ai moderni impegni. Se la maggior parte dei laureati finisce per lavorare in farmacia (o parafarmacia), allora forse occorrerebbe prepararli alla realtà che li aspetta, insegnare sia le formule chimiche, la composizione dei prodotti e le loro possibili interazioni, ma anche le tecniche di vendita intese come capacità di relazionarsi nei rapporti con le persone per offrire un servizio migliore. Non è il mio campo, ma credo non farebbero male neppure nozioni che riguardano la gestione finanziaria, come ad esempio sapere cos’è un conto economico oppure un controllo di gestione.

Sia che si tratti di futuri titolari o anche di collaboratori, nella realtà dei fatti attualmente ci si ritrova spesso con neo laureati che conoscono bene le formulazioni (magari di vecchie sostanze) ma non sanno spiegarle empaticamente, sono giustamente dei bravi tecnici ma fanno fatica ad erogare servizi di consulenza così come i clienti vorrebbero. Nei rapporti con le persone c’è cortesia ma si rimane nell’ambito delle transazioni più che delle relazioni. E allora bisogna poi ricorrere ai corsi post laurea, alle curiosità personali, alle consulenze, per non ritrovarsi spaesati in un mondo diverso da quello che ci si aspettava.

Se lo ritieni utile, così come accaduto con la collega che pensava di fare semplicemente la farmacista, rimango a tua disposizione. Anche se so benissimo che quando ci sentiremo ti provocherò non poche destabilizzazioni perché in cuor tuo speri che io ti dica che è sufficiente spostare qualche esposizione, rivedere qualche prodotto e magari inserire una qualsiasi azienda di personalizzato purché conveniente. E invece io ti chiederò di cambiare il tuo modo di pensare, di fare cose che non hai mai fatto, di abbandonare certe abitudini e convinzioni che ti trascini da sempre. So che sarà uno sforzo enorme, ma se ti raccontassi solo che è sufficiente cambiare la disposizione dei tuoi reparti non sarebbe corretto, se davvero desideri affrontare il cambiamento.

Comunque, nel frattempo, prova a leggere il libro “Lavorare per l’azienda e non solo nella tua azienda”, che spero ti aiuterà ad individuare un nuovo percorso in farmacia.

 

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di Paolo Piovesan
Consulente marketing e posizionamento strategico
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