La motivazione del titolare,ovvero perchè risolvere i problemi in Farmacia

Questo primo articolo parte dal presupposto che troppo spesso, in qualità di titolari della nostra azienda, ci venga chiesto di saper motivare i nostri collaboratori; nessuno però si occupa della nostra motivazione, dando per scontato che solo perché l’azienda sia nostra siamo in grado di provare e trasferire entusiasmo, in un contesto complesso come quello di questi ultimi anni, per giunta. Da noi, tutti si aspettano che risolviamo ogni tipo di problema col sorriso.

Nel guidare la nostra farmacia ci imbattiamo costantemente in problemi, urgenze, imprevisti che si vanno ad aggiungere a tutti quei cicli aperti che ci portiamo dietro e che non abbiamo mai il tempo di attenzionare come vorremmo; immaginiamo un’organizzazione del lavoro ed improvvisamente subentrano altri aspetti per noi più o meno importanti che ci mandano in sovraccarico.

Molto spesso, nel tentativo di non essere completamente assorbiti, ne rimandiamo la gestione ad un altro momento, soprattutto se non si tratta di questioni urgenti.

Può capitarci ad esempio di entrare in farmacia e trovare la fila, i clienti spazientiti che attendono il referto del tampone, Marco e Francesca alla stessa postazione che cercano di risolvere un problema relativo ad una ricetta, Simona chiusa in laboratorio e Giuseppe che sta sistemando alcuni prodotti a scaffale; pensiamo di dover chiarire con ognuno cosa ci aspettiamo che accada in farmacia e quali sono le priorità, affinchè non si verifichi più una tale confusione. Ma non abbiamo tempo e ci limitiamo ad infilare il camice e a smaltire la fila, riproponendoci di parlare con il team non appena sarà possibile.

Subentrano poi altre mille questioni che ci sottraggono tempo e attenzione e finiamo col non chiarire mai l’accaduto, limitandoci ad ammonire velocemente i collaboratori ed aspettandoci da loro un cambiamento spontaneo da quel momento in avanti, solo per avergli parlato.

Ma come ci siamo sentiti nel trovarci di fronte ad una situazione del genere? Forse delusi, stanchi, avviliti, arrabbiati.

Oltre a rubarci tempo, le difficoltà non gestite ci rubano dunque energia positiva e di conseguenza utili economici perché la nostra azienda funziona solo se siamo noi per primi a trasferire motivazione e a guidare. Siamo le risorse fondamentali, l’assett più importante: non è la stessa cosa se siamo entusiasti o non lo siamo, se ci sentiamo padroni del futuro della nostra impresa o meno.

A molti vostri colleghi manca oggi il senso dell’urgenza nell’andare a risolvere talune problematiche dal momento che i conti ancora tornano (l’offerta del servizio relativo ai tamponi, ad esempio, ha in parte creato un aumento di fatturato che però nasconde svariati malintesi, ma di questo semmai parleremo in un articolo dedicato), e si ha sempre il timore di rompere degli equilibri consolidati. Questo però non significa che dei problemi non dobbiamo occuparci: il nostro tempo e le nostre energie, infatti, non sono illimitati e costituiscono per noi il bene più prezioso.

Gli incassi, a lungo andare, sono effetto di come abbiamo saputo investire queste due risorse fondamentali.

COME POSSIAMO FARLO?

Potrà sembrare un paradosso ma il primo passo per la completa gestione delle difficoltà non ha a che fare con l’azione, bensì con qualcosa di molto più impalpabile: il nostro punto di vista.

Per gestire un problema o una situazione che non va come vorremmo dobbiamo vederci come capaci di influenzare quella situazione; se non lo facciamo, quest’ultima influenzerà noi.

Ogni evento che ci accade possiamo dunque osservarlo da due differenti punti di vista.

Possiamo assumere un approccio “Respons-abile, sentendoci cioè capaci di rispondere e pensando che il cambiamento o la risoluzione di quel problema dipenda da noi; o possiamo invece immaginare che gli altri e le circostanze ci impediranno di ottenere i risultati sperati e che, di conseguenza, sia meglio aspettare che cambi qualcosa all’esterno.

Molti vostri colleghi, ad esempio, si lamentano che alcuni collaboratori siano disinteressati e, avendo provato molte volte a rivitalizzarli senza successo, rinunciano alla possibilità di influenzarli ma, in attesa che questi cambino e tornino ad essere propositivi, continuano a pagargli lo stipendio e a subire gli effetti di questa demotivazione.

Dovremo dunque sentirci incaricati per primi di portare un risultato per tutta la nostra squadra (ma non al posto della nostra squadra!). Non possiamo chiedere ai nostri di assumersi responsabilità se non lo facciamo noi per primi nei confronti di tutti loro, non solo di quelli con cui andiamo naturalmente d’accordo ma di tutti quelli che entrano a far parte della nostra sfera d’influenza.

Se ciò non accade, quando siamo in azienda le cose funzionano ma quando ci allontaniamo coloro di cui non ci siamo occupati finiscono per creare nuove problematiche da dover gestire, sottraendoci tempo, vitalità e denaro.

Per fare un esempio, magari abbiamo ristrutturato la farmacia da poco e invece di dedicarci all’esposizione, alla comunicazione al cliente dei servizi che possiamo offrirgli e a rendere la nostra nuova casa bella e confortevole, ci ritroviamo a stampare referti, a chiamare il fornitore per un ordine sbagliato o a smaltire la fila al banco, al posto dei nostri collaboratori.

Il punto di vista “Respons-Abile” E’ la soluzione alle difficoltà perchè stimola in noi la domanda più importante: “Cosa posso fare io oggi per…?”.

Sottolineiamo però che non si tratta di sovraccaricarci ulteriormente di cose da fare, ma di decidere di occuparci di tutto ciò che non funziona e che ci siamo abituati a tollerare, scegliendo se necessario di affidarci a qualcuno che possa aiutarci a ricreare le condizioni desiderate, contribuendo così a recuperare la motivazione con cui abbiamo iniziato e quel tempo e denaro che sentiamo di non stare guadagnando.

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