passaggio azienda padre figlio

Genitori farmacisti di  figli farmacisti

Passaggio generazionale tra azienda e famiglia  

Guerra e Pace

Cari genitori farmacisti e figli farmacisti, quello che state per leggere è un articolo che vi farà riflettere profondamente, quindi se siete allergici agli esami di realtà e di solito preferite evitare di incontrarla lungo la vostra strada, cambiando puntualmente la via per continuare a non vedere, a non sentire, a non capire, allora fareste bene a non leggere quanto segue.

Se invece siete coraggiosi paladini del guardare in faccia la realtà e odiate gli struzzi continuate pure nella lettura e avrete nuove opportunità di crescita per la vostra azienda familiare. Dovete scegliere se  per voi vale “bene vixit qui bene latuit” oppure “veritas vos liberat”: ha vissuto bene chi ha saputo stare ben nascosto oppure la verità rende liberi?

A voi maturi farmacisti ed a voi giovani farmacisti la vostra scelta, io la mia l’ho già fatta. Ho deciso di scrivere questo articolo per cercare, a mio modo, di evitare spargimenti di sofferenza, demotivazione, svalutazione, aggressione aperta e violenta ma anche silente e devastante.

Ho visto giovani farmacisti capaci, innovativi, pronti a dare il meglio di sé ma privati di entusiasmo perché ostacolati nella loro crescita da genitori farmacisti aguzzini, attaccati alla poltrona. Ho visto anche giovani farmacisti totalmente disinteressati, perché costretti a svolgere una professione che non hanno scelto per reale interesse o passione, che rantolano nella fatica di fare ciò che non si ama senza avere la forza di fare ciò che avrebbero davvero voluto.  Ho visto quindi, sia nel primo che nel secondo caso, giovani tristi, arrabbiati, insoddisfatti, delusi, demotivati, spenti, pigri.

Perché? Mi domando perché debba essere così.

Ho visto poi genitori farmacisti dequalificanti, ipercritici, competitivi, attaccati alla loro identità di capo passare la titolarità in teoria ma di fatto continuare nel loro abominio del sovrano, e ho visto altri genitori farmacisti iperprotettivi, iperansiosi e generatori di sensi di colpa stare con il fiato sul collo dei figli per paura che nessuno voglia continuare ciò che per loro è stato così vitale; li ho visti obbligare alla vocazione di farmacista con il ricatto emotivo allettando, con la prospettiva di lauti o facili guadagni, tanti potenziali avvocati, architetti, ingegneri, informatici, artisti, filosofi e ben altro. Quindi in entrambi i casi genitori arrabbiati, ansiosi, tristi, insoddisfatti, sull’orlo dell’infarto per rabbia o per delusione.

Perché? Me ne domando il perché.

E se lo domandano anche i dipendenti dell’azienda che, loro malgrado, vengono coinvolti nelle guerriglie familiari finendo in quella scomoda posizione di chi non ha una guida ma due o più che fanno richieste opposte, e si deve scegliere sapendo che quella decisione comporterà approvazione da un lato e disapprovazione dall’altro; dipendenti sotto scacco, che in qualunque direzione decidano di andare verranno “mangiati” comunque.

A coloro invece che vivono estranei da tutto questo e stanno ora dicendo “figuriamoci, che esagerazione, non è così, tra noi va tutto bene!” faccio i miei complimenti; sono felice per voi (per ora), avete tutta la mia stima, ma siete pochissimi: lasciatemi quindi parlare con i più che, vi assicuro, non è un’esagerazione, vivono esattamente quello che ho descritto.

Nella vita di un’azienda ci sono tanti momenti critici ma quello della transizione generazionale, ovvero il momento in cui la titolarità passa dal genitore al figlio, è uno dei più complessi e cruciali in assoluto perché si crea una sovrapposizione tra sistema famiglia e sistema d’impresa, un invischiamento tra la relazione familiare padre/figlio e la relazione di subentro professionale, il vecchio ed il nuovo si passano il testimone tra rischi e opportunità quasi sempre in un clima di tensione, antichi e presenti rancori; desiderio di rivalsa e tentativi di sabotaggio; desiderio di cambiamento e innovazione e venire ostacolati ad agire  in quella prospettiva; obbligo alla dedizione e pigrizia generata dalla mancanza d’amore per quello che si svolge. Si tratta di una fase delicatissima vissuta, quasi sempre, nelle posizioni reciproche del vinco io – perdi tu; vinci tu – perdo io, piuttosto che del “vinciamo insieme”.

L’ineliminabile convivenza aziendale fra junior e senior coinvolge la relazione fra genitori e figli con  le peculiarità di entrambi e presenta rischi e opportunità.

Nella maggior parte dei casi il passaggio generazionale viene affrontato dal punto di vista economico-finanziario, quasi mai da quello relazionale-psicologico. Sono tante le criticità che tale processo porta con sé, e queste coinvolgono in un vorticoso cambiamento tutta la realtà aziendale nelle sue dimensioni organizzativa, economica e psicologica e per questo motivo il processo non va trascurato.

Se ben gestito potrebbe essere sfruttato e trasformato in una fase strategica di sviluppo dell’azienda e fare la felicità di tutti.

Nel prossimo articolo fornirò alcuni spunti di riflessione perché questo possa avvenire, per pianificare la successione in tempo e gestirla in modo strategico, per permettere all’impresa di competere e crescere con successo, senza metterne a repentaglio la sana e serena continuità.

(fine prima parte)

di Maria Palmieri

© Riproduzione riservata

 

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