Consapevolezza

In questo ultimo anno ho avuto modo di assistere una persona colpita da ictus invalidante.

Durante tutto il percorso di riabilitazione fisica e psicologica, con medici, operatori sanitari e fisioterapisti, abbiamo affrontato vari aspetti legati al recupero del soggetto in questione.

C’è stato il primo periodo delle cure intensive che il paziente subiva passivamente, ma poi abbiamo dovuto iniziare a spiegarli la nuova condizione e le prospettive per il suo futuro. Nel contempo si soppesavano le parole, le azioni e si cercavano le motivazioni positive da trasmettere all’handicappato e anche a chi gli stava attorno.

In tutto questo processo, la parola che forse più volte abbiamo citato tra noi è stata consapevolezza: riferita alla necessità di presa di coscienza dello stato delle cose, di ciò che si poteva e si doveva provare a fare e infine riferita ai risultati che avremmo potuto ottenere ponendoci graduali obiettivi da raggiungere di volta in volta. La consapevolezza che non doveva appartenere solo alla conoscenza di chi accudiva il malato ma che doveva anche entrare, sia pur con tante difficoltà, nelle convinzioni di chi era stato colpito dalla malattia.

Ora penso che la stessa parola, consapevolezza, calzi perfettamente alla nostra condizione di farmacisti e credo che dovremmo assorbirla in fretta.

Ovviamente non mi sto riferendo a chi non ha subito traumi e che quindi ha proseguito nella sua attività serenamente e godendosi la vita. Mi rivolgo invece agli altri, a quelli forse più sfortunati o meno preparati. Noi che finora ci siamo trincerati dietro al nostro essere comunque dei professionisti insostituibili, noi che non abbiamo accettato il cambiamento come intervento di destabilizzazione del nostro stato, noi che rifiutiamo la cultura del confronto costruttivo e istruttivo con altre realtà.

Eppure il cambiamento, a partire da quest’ultima decina d’anni, è stato il nostro improvviso (ma nemmeno poi tanto) ictus invalidante. Siamo stati colpiti, lo abbiamo subito, in tanti ci hanno detto che avremmo dovuto cambiare, ma pochi ci hanno insegnato a prendere piena consapevolezza della situazione, nostra e di chi ci sta attorno.

Dopo lo shock ci hanno somministrato (più o meno in buona fede) le prime cure che abbiamo ovviamente accettato passivamente perché impreparati, tantissimi “dottori” si sono offerti di aiutarci e qualcuno si è addirittura spacciato come saggio dai poteri miracolosi, improvvisamente si sono materializzati attorno a noi nuovi amici, pronti a chiederci se avevamo bisogno d’aiuto perché sarebbero stati subito disponibili.

Tutti comunque molto rassicuranti sul fatto che ce l’avremmo tranquillamente fatta. E invece qualcuno che stava bene, oggi arranca nella solitudine senza sapere cosa fare e qualcun altro addirittura ci ha già “lasciato le penne”.

In pochi però ci hanno tirato le orecchie per certe nostre condotte di vita nel passato che hanno contribuito alla malattia, in pochi ci hanno detto che potevano aiutarci ma che il primo aiuto doveva partire da noi stessi, in pochi infine ci hanno messo di fronte all’esigenza di una necessaria piena consapevolezza.

Consapevolezza di un mondo nuovo, nel quale ci siamo risvegliati con numerose mancanze. Un mercato nel quale non ci riconosciamo e nel quale forse qualcuno si vergogna di mostrarsi.

Consapevolezza che il primo dottore siamo noi stessi, che possiamo tornare ad alzarci e qualcuno addirittura a correre, ma dobbiamo riconoscere la nostra situazione attuale, accettarla per ripartire con determinazione. Occorrerà però tempo, dedizione e accettazione del cambiamento, altrimenti continueremo a pensare di essere ciò che ormai non siamo più.

Consapevolezza che c’è chi ci può aiutare e sicuramente ne avremo bisogno, ma prima dobbiamo capire fin dove siamo disposti a evolvere, dobbiamo capire la nostra reale volontà di combattere con la malattia e quali obiettivi di miglioramento ci poniamo lungo il nostro cammino per il recupero.

Consapevolezza infine che non siamo tutti uguali e se ci sarà chi tornerà ad essere in piena forma, purtroppo ci sarà anche chi invece rimarrà paralizzato in una fatale involuzione.

E’ questo il momento delle scelte, di decisioni importanti e di strategie personalizzate.

Su questi temi sto scrivendo il mio nuovo libro, che spero potrete leggere alla fine di quest’anno. Col mio scritto sto provando ad affrontare la crescita interiore di ogni titolare di farmacia, voglio testare la sua consapevolezza della situazione ma anche la sua forza di volontà, aspiro a fargli riconoscere i passi per poter cambiare perché è di fatto cambiata la situazione in cui si ritrova a vivere, lavorare e, purtroppo, competere.

Se ti sei perso il mio primo libro, puoi sempre recuperare => https://www.farmaciavincente.it/il-pentagramma-del-farmacista

di Paolo Piovesan
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