Nuovi  rapporti

Acquisti etico/parafarmaco.

Se ti trovi a parlare del nostro mondo con qualche altro imprenditore del settore commercio e gli spieghi il sistema di distribuzione intermedia delle farmacie, rimane impressionato dall’organizzazione e dalle opportunità offerte dal servizio.

Poi se ti addentri in aspetti più strettamente commerciali, rimane invece perplesso da alcune nostre dinamiche. Si chiede, ad esempio, perché molte farmacie sfruttino la distribuzione intermedia per acquistare soprattutto il farmaco che possiede una maggior rotazione di magazzino mentre preferiscano l’acquisto diretto dall’industria per i prodotti a minor rotazione e con più rischi di obsolescenza piuttosto che di competitività commerciale. In tal modo gli stock sono maggiori, il rischio di invenduto cresce, gli immobilizzi di capitale sono ingenti e per contro si diminuisce la possibilità di un più ampio ventaglio d’offerta al pubblico. E in aggiunta, il più delle volte, per pochi centesimi di guadagno sul singolo pezzo.

Quando poi andiamo a parlare dei servizi che i nostri grossisti ci offrono, il mio interlocutore rimane ancor più affascinato e mi chiede come mai non riusciamo a rendere visibili tali opportunità al cliente comune, in pratica mi chiede perché le farmacie non riescono a far fronte comune per proporre un’insegna commercialmente capace di essere realmente apprezzata e riconosciuta dal cittadino.

Cerco allora di fargli capire che esisterebbero anche moltissime altre occasioni e opportunità, ma spesso la nostra Categoria è poco reattiva, poco propositiva, e molti responsabili della distribuzione intermedia sono farmacisti. Tanti servizi si fondano ancora su iniziative che erano valide quindici anni fa, mentre oggi è cambiato l’interlocutore anche se noi continuiamo a proporre le stesse formule di fidelizzazione ormai obsolete e poco attrattive. Gli faccio alcuni esempi e lui concorda con me che ci sarebbero moltissime altre potenzialità inespresse per le farmacie, ma mi dice anche che forse stiamo ancora troppo bene se non sentiamo l’esigenza di un cambiamento o se non riteniamo opportuno approfittare delle occasioni che avremmo per fare gruppo.

Poi, aggiunge addirittura che probabilmente questi nostri grossisti non osano proporre novità particolarmente spinte perché frenati dalla possibilità di non essere compresi, apprezzati e seguiti, e così si limitano a darci il contentino per illuderci di essere dinamici e propositivi.

 

Rapporti di collaborazione per il sell out con le aziende.

La chiacchierata prosegue con considerazioni che riguardano anche le aziende produttrici, quelle che per noi fanno riferimento ai cosiddetti acquisti diretti. Il mio compagno di discussione lavora in altri settori ma, da attento imprenditore, tiene anche un occhio al ramo farmaceutico.

Mi chiede come mai noi farmacie non riusciamo a realizzare una vera corporazione, una vera lobby che tanto ci viene invece rimproverata dal mondo esterno. Sostiene che al giorno d’oggi anche con l’industria si potrebbero costruire partnership davvero importanti, con progettualità di crescita e nuove tipologie di collaborazione. Invece tutto si riduce alla sola trattativa commerciale, alla ricerca da un lato di ottenere uno zero virgola in più di sconto e dall’altro un disperato tentativo di studiare metodi per accontentare unicamente questa richiesta che, però, non produce sbocchi se non viene finalizzata a un qualche programma di efficace promozione del sell out. Per dare più sconto può essere sufficiente aumentare il prezzo al pubblico, ma così non ci si rapporta mai alle evoluzioni della competitività, non viene erogata adeguata formazione, non si costruiscono assieme programmi di crescita pianificati nel tempo.

Le aziende continuano a fornire i soliti supporti alla vendita (cartelli, depliant, ecc.) spesso realizzati in maniera distratta se non inutile e le farmacie non sanno che farsene, al meglio sbattono in vetrina qualche cartello in maniera altrettanto distratta oppure gettano i depliant sul banco quando addirittura non li buttano direttamente nell’immondizia. Quante risorse sprecate, quante opportunità perse, quanti vantaggi regalati ai competitori.

Capita che alcuni manager dell’industria addirittura non siano mai entrati in una farmacia, delegando la moglie anche per gli acquisti di una compressa per il mal di gola, e così impartiscono ordini e richieste ai loro collaboratori senza alcuna nozione di certe dinamiche; d’altro canto, chi lavora in farmacia non viene educato a ragionare da impresa. Con tali difetti di comunicazione è però difficile trovare un proficuo confronto.

Per mostrarsi dinamiche e “amiche”, le ditte allora organizzano serate d’incontro (magari targate ECM) che però rimangono auto referenziali. Oggi le giornate di formazione servono a poco, perché i contenuti che si imparano in due ore di lezione vengono presto dimenticati nel vortice degli impegni quotidiani e, in tal modo, viene meno la necessaria pianificazione per una farmacia diversa. Occorrerebbero invece continuità, metodo, consapevolezza e possibilità di verifica; ma quanto impegno, e se poi i farmacisti si disinteressano e chiedono solo lo sconto? Meglio allora continuare a percorrere le stesse vie di trattativa commerciale consolidate nel tempo, dove tutti siamo più poveri e impreparati ma per ora si tira avanti senza troppi rischi nell’uniformità comune.

 

Siamo quasi giunti al termine di una chiacchierata non impegnativa e confido al mio amico che ormai noi farmacisti siamo tutti un po’ disamorati, siamo subissati da impegni e burocrazia, dobbiamo lottare per guadagnare tanto quanto invece solo qualche anno fa ottenevamo con maggior facilità.

Lui mi ribatte che questi sono i problemi, ma non possono essere le giustificazioni che ci limitano nella nostra presa di coscienza del cambiamento.

– Siamo disamorati, ma forse è perché ci siamo sempre disinteressati di chi avrebbe dovuto tutelare i nostri interessi. Perché non pretendere da chi ci rappresenta che viaggi un po’ meno in giacca e cravatta, torni coi piedi per terra e si rimbocchi le maniche per giungere a conclusioni di maggior concretezza, facendogli sentire che la Categoria partecipa e soprattutto controlla?

– Siamo immersi in mille impegni e obblighi, ma forse è ora che cominciamo a condividere e a delegare. Oggi è importante imparare a fare delle scelte, è indispensabile per ciascuno di noi ottenere una propria caratterizzazione per essere riconosciuti positivamente, è importante essere capaci di effettuare scelte consapevoli.

– La lotta per la sopravvivenza si è fatta dura, ma forse è ora di accettare che il lavoro è così per tutti e che forse dobbiamo cambiare i nostro approccio. Perché allora non prendere coscienza e chiedere all’industria nuove forme di collaborazione e di partecipazione garantendo coerenza e correttezza nelle nostre contropartite? Perché non affrontare i rapporti con le aziende di servizi (es.: arredo, formazione, strumenti) in maniera più costruttiva per ottenere veramente supporti funzionali? Se non sappiamo cosa vorremo dal nostro futuro, continueremo a scegliere il nostro prossimo arredo solo in funzione del preventivo più basso o dei colori che ci piacciono di più.

 

Allarghiamo i nostri orizzonti al mondo che ci circonda piuttosto che rimanere relegati alle classiche trattative e accontentarci delle solite forniture “esclusive da farmacia”. Esistono opportunità, merceologie, innovazioni, strategie e idee che potrebbero davvero contribuire a cambiare la nostra piccola farmacia.

Dobbiamo imparare ad osservare con occhi nuovi e non con le visioni del passato quando tutto era e doveva rimanere ingessato.

Confrontiamoci sia tra colleghi in maniera costruttiva e collaborativa, sia con altre realtà o altri settori che magari hanno subito sofferenze similari alle nostre nel passato.

Ascoltiamo tutti un pochino di più.

di Paolo Piovesan
© Riproduzione riservata

 

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