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Stop al cambiamento

E’ più o meno un anno e mezzo che vi scrivo su questo blog.

Nel frattempo ho avuto modo di incontrare molti di voi nei vari corsi, nelle serate in giro per l’Italia e in occasione delle consulenze personalizzate.

E’ quindi da circa un anno e mezzo (anche se in realtà è da molto prima che esistesse farmaciavincente che ho iniziato a martellarvi) che insisto a stimolarvi nel cambiamento, che vi invito ad osservare cosa fanno gli altri, che propongo di considerare nuove forme di concorrenza e nuove formule di competizione.

E adesso vi dico basta? Si, sono qui improvvisamente a scrivervi di non prendere più in considerazione il cambiamento nelle sue diverse sfaccettature.

Perché? E’ forse cambiato qualcosa nel nostro mondo o magari sto improvvisamente dando di matto?

La realtà è che, come scritto più sopra, ormai è passato tanto tempo, troppo!

Da un anno e mezzo lo continuate a leggere in questi post ma già da prima ve lo dicevo e come me vi esortavano anche altri. Così, se è vero che in questo tempo alcuni si sono presi la briga di cercare di capire meglio e qualcuno ha addirittura provato a sperimentare, purtroppo sono ancora in molti a essere rimasti alla finestra…una finestra che ha pure con i balconi chiusi. E per questi ultimi, oltre quei balconi chiusi si sta facendo tardi e non ve ne siete accorti, ma sta calando la notte.

Allora mi offendo, a nome dell’intera Categoria, quando partecipo a una fiera di settore e ad un convegno di una presunta azienda illuminata mi sento ripetere ancora le stesse cose che si dicevano oltre quindici anni fa.

Provo a chiedere perché non ci viene raccontato qualcosa di diverso, di veramente innovativo, di sconvolgente e sapete cosa mi rispondono? Sarebbero risorse sprecate, i farmacisti non sono pronti, non capirebbero, quindi aziendalmente è preferibile dire ciò che vogliono sentirsi raccontare.

Non siamo pronti?!

Io me ne sono andato, mi sono sentito offeso. Ma davvero chi ci dovrebbe supportare, i nostri fornitori, i nostri organizzatori di eventi, la pensano in questo modo?

Allora mi chiedo se noi farmacisti, titolari d’impresa, davvero siamo disposti ad ascoltare ancora solo ciò che rispecchia unicamente il nostro vecchio status, senza discostarsi troppo dalle nostre presunzioni e dal nostro comune modo di pensare. Così, a pensarci bene, sono i nostri interlocutori che mancano di coraggio e si adeguano a noi o siamo piuttosto noi che preferiamo adeguarci a loro in una continua menzogna consolatoria?

Allora rifletto sui rischi che stiamo correndo quando, a un altro evento (questa volta non organizzato dalla nostra Categoria), sento esperti di marketing che dicono: “lavorare con le farmacie oggi è facile, sono talmente indietro che serve così poco per ottenere un minimo risultato”.

Che serva poco per cambiare già molto nella nostra situazione, posso condividerlo; già sul fatto che sia facile lavorare con noi comincio a nutrire qualche dubbio; che però alle nostre aziende basti dare minimi risultati mi trova non solo in pieno disaccordo, ma mi irrita anche molto che solo lo si pensi. Se dall’esterno, aziende di consulenza partono già con l’idea di poterci dare poco per farci illudere in un allineamento al mercato, quando in realtà continueremo a rimanere gli ultimi, mi fa andare in bestia.

Davvero la nostra Categoria non nutre un minimo di orgoglio, una volontà di intraprendere una visione diversa, una coscienza sulla necessità di porsi obiettivi diversi?

Mi rifiuto di pensarlo perché ho incontrato recentemente farmacie motivate, vogliose di riscatto e di porsi su un piano differenziale finalmente innovativo. Ci sono giovani colleghi che nel meridione d’Italia mi hanno sorpreso per la loro voglia di fare, per la loro disponibilità a sacrificare tempo e denaro per cercare di imparare qualcosa di nuovo. Ci sono altri colleghi che nel nord cominciano a porsi le domande corrette per provare a capire come domani potrebbero essere diversi da oggi.

In realtà c’è allora anche nella nostra Categoria qualche tentativo di reazione, si coglie qualche accenno di fermento. Ed è per questi pionieri (sia pur ritardatari) che non posso accettare quando ancora le aziende ci trattano da vecchi farmacisti, quando alcune nostre associazioni latitano, quando i presunti consulenti si limitano a volerci fornire il minimo indispensabile, tanto per farci contenti e farci credere di essere finalmente cresciuti.

Ribellatevi a questo stato delle cose, pretendete, osate, non accontentatevi del banale.

E’ riflettendo su queste tematiche, su questi affronti al mio essere farmacista imprenditore che mi è venuto in mente il titolo per questo post.

Si, perché ho pensato che potrebbe addirittura essere finito il tempo della raccomandazione di una necessità di un cambiamento.

In realtà, oggi ciò che differenzia un’attività di successo da un’altra è, più che altro, la velocità del cambiamento. Il dover cambiare è ormai dato per scontato.

E’ invece la rapidità di comprensione della continua evoluzione, tradotta in immediato adattamento e ripartenza, che deve essere la base indispensabile per un nuovo rilancio differenziale rispetto ai più moderni scenari.

Comprendete ciò che voglio dirvi?

Sto dicendo che chi finora non ha ancora pensato di doversi dare una mossa, probabilmente non lo farà nemmeno domani e altrettanto probabilmente sarà colui che si accontenterà di sentirsi raccontare sempre le solite storie, sarà colui che accetterà piccoli suggerimenti di innovazione pensando di aver compiuto un grande salto evolutivo, sarà colui che preferirà il lamento sterile ad un’arrabbiatura costruttiva.

Prima del cambiamento aziendale è necessario un cambiamento interiore, altrimenti sarà come ristrutturare una farmacia senza sapere bene perché si sta affrontando l’investimento, senza una pianificazione del lavoro futuro, senza una strategia, senza obiettivi.

Per questo motivo, a chi non ha ancora meditato la propria nuova progettualità dico “stop al cambiamento”: lasciate perdere e tirate a campare finché potete. Ormai oggi si deve iniziare a ragionare sulla rapidità dei continui adattamenti e non più tanto sull’esigenza di modificare la propria visione d’impresa; questa necessità era già data per scontata da qualche tempo.

di Paolo Piovesan
© Riproduzione riserva

 

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